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Riforma equo compenso: cosa prevede

La riforma dell’equo compenso è stata approvata il 30 giugno 2022 dalla Commissione giustizia del Senato, manca solo il passaggio in aula per diventare legge.

Equo compenso: il testo della riforma

Sì della Commissione giustizia del Senato il 30 giugno 2022 sulla riforma dell’equo compenso dopo l’ok della Camera del 13 ottobre 2021. Ricordiamo che il testo aveva già ottenuto il consenso unanime di tutte le forze politiche lo scorso 29 giugno, quando si era deciso di adottare quale testo base per riformare la materia di equo compenso delle prestazioni professionali la proposta presentata il 25 giugno 2021 a firma di Meloni, Morrone, Mandelli.

Adesso manca solo l’ultimo step in aula a palazzo Madama affinchè il ddl diventi legge.
In dettaglio, la proposta di legge C. 3179 (sotto allegata) che ha sostituito le precedenti proposte che erano state presentate sulla medesima tematica, è il documento su cui si concentrerà ancora il prosieguo dei lavori e l’esame a cui verrà sottoposto in Senato.

Obiettivi della riforma

Obiettivo della proposta, come era emerso dalla Relazione introduttiva “tutelare il diritto del professionista di ottenere un giusto ed equo compenso nei rapporti contrattuali che lo riguardano, concretizzando il principio già sancito dall’articolo 2233 del codice civile, secondo il quale la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”.

Tutela che secondo i firmatari appare ad oggi “del tutto assente in quanto, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, non essendo prevista alcuna sanzione di nullità, il professionista non può far valere l’inadeguatezza del compenso in presenza di un accordo che lo determini in misura irrisoria, neanche sotto il profilo dell’articolo 36 della Costituzione”.

Nella direzione più volte proclamata dal Governo, la riforma si muove quindi lungo una direttrice che punta all’effettiva tutela contrattuale al professionista, tenendo altresì conto del diritto del cittadino consumatore a ottenere una prestazione di qualità, impossibile da garantire al di sotto dei livelli minimi di compenso previsti dai parametri ministeriali.

L’art. 11 del testo prevede una disposizione transitori, la quale prevede che “Le disposizioni della presente legge si applicano anche alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della data di entrata in vigore della medesima legge.”

Definizione di compenso e ambito di applicazione

La riforma è volta a definire l’equo compenso e individuare l’ambito di applicazione della relativa disciplina. Nel dettaglio, il compenso viene considerato equo quando risulta”proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale”, e che rispetta specifici parametri ministeriali.

In particolare, per gli avvocati si rimanda al decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell’art. 13, comma 6, della L 247/2012, mentre per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del D.L. 1/2012.

Risulta estesa la platea dei professionisti interessati, dato che include gli esercenti professioni non ordinistiche. Nel dettaglio, con riferimento ai parametri per l’equità del compenso per i professionisti di cui all’art. 1, comma 1, della L. n. 4/2013, si rimanda a un decreto del Ministro dello sviluppo economico che dovrà essere adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge e, successivamente, aggiornato con cadenza biennale sentite le associazioni iscritte nell’elenco di cui al comma 7 dell’art. 2 della medesima legge n. 4/2013.

Quanto all’ambito di applicazione, la legge riguarderà i rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 c.c. regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative, di società veicolo di cartolarizzazione, nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie.

La disciplina è stata altresì ritoccata anche per quanto riguarda la committenza con l’estensione anche a tutte le imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro.

Inoltre, si precisa che disposizioni sull’equo compenso si applicherebbero a ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista, le cui clausole sono comunque utilizzate dalle imprese di cui sopra, nonché alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione, delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (d.lgs. n. 175/2016) e degli agenti della riscossione.

Compenso non equo: clausole nulle

La proposta sancisce la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, chiarendo che, a tal fine, si terrà conto anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera.

Si precisa che sono tali, ovvero prevedono un compenso iniquo, “le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinati con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’art. 13, comma 6, della L. 247/2012, per la professione forense, o ai parametri fissati con il decreto del Ministro dello sviluppo economico” di cui accennato.

Saranno, altresì, nulle le pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongano l’anticipazione di spese o che, comunque, attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso. Viene poi prevista la nullità di una serie di clausole e pattuizioni, puntualmente elencate, anche se contenute in documenti contrattuali distinti dalla convenzione, dall’incarico o dall’affidamento tra il cliente e il professionista.

Tra queste, ad esempio, quelle che riservano al cliente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o gli attribuiscano la facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto o di pretendere prestazioni aggiuntive che il professionista dovrebbe eseguire a titolo gratuito.

La nullità delle singole clausole non comporterà, però, la nullità del contratto che rimane valido ed efficace per il resto. Ancora, la nullità opererà solo a vantaggio del professionista e sarà rilevabile d’ufficio.

Rideterminazione giudiziale compenso e parere congruità COA

La convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati ai sensi della legge, potranno essere impugnati dal professionista innanzi al Tribunale competente per il luogo ove egli ha la residenza o il domicilio, al fine di far valere la nullità della pattuizione e di chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata.

Il Tribunale procederà alla rideterminazione secondo i parametri previsti dai decreti ministeriali relativi alle attività svolte dal professionista, tenendo conto dell’opera effettivamente prestata e chiedendo, se necessario, al professionista di acquisire dall’ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari.

Tale parere costituirà elemento di prova sulle caratteristiche, sull’urgenza e sul pregio dell’attività prestata, sull’importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell’affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate.

Nel procedimento il giudice potrà anche avvalersi della consulenza tecnica, ove sia indispensabile ai fini del giudizio. Qualora il magistrato accerti il carattere non equo del compenso pattuito, provvederà a rideterminarlo condannando il cliente al pagamento della differenza tra l’equo compenso così determinato e quanto già versato al professionista.

Ma non è tutto, poiché al giudice è consentito anche condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista fino al doppio della differenza di cui al primo periodo, fatto salvo il risarcimento dell’eventuale maggiore danno.

Parere del COA e titolo esecutivo

In alternativa alle procedure di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c. (procedimento ingiuntivo) e di cui all’art. 14 del d.lgs. 150/2011, il parere di congruità emesso dall’ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista, costituirà titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla L. 241/90, e se il debitore non propone opposizione innanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c., entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista.

L’eventuale giudizio di opposizione avrà luogo innanzi al giudice competente per materia e per valore del luogo nel cui circondario ha sede l’ordine o il collegio professionale che ha emesso il parere e, in quanto compatibile, nelle forme di cui all’articolo 14 del d.lgs. 150/2011.

Prescrizione e class action

Il testo prevede che il termine di prescrizione del diritto del professionista al pagamento dell’onorario decorre dal momento in cui, per qualsiasi causa, cessa il rapporto con l’impresa. Invece, in caso di una pluralità di prestazioni rese a seguito di un unico incarico, convenzione, contratto, esito di gara, predisposizione di un elenco di fiduciari o affidamento e non aventi carattere periodico, la prescrizione decorrerà dal giorno del compimento dell’ultima prestazione.

Invece, il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità professionale decorrerà dal giorno del compimento della prestazione da parte del professionista. In questo modo si evita la possibilità che il professionista sia soggetto all’azione di responsabilità all’infinito.

Ancora, il testo prevede che i diritti individuali omogenei dei professionisti possano essere tutelati anche attraverso l’azione di classe, che, ferma restando la legittimazione di ciascun professionista, potrà essere proposta dal Consiglio nazionale dell’ordine al quale sono iscritti i professionisti interessati o dalle associazioni maggiormente rappresentative.

Osservatorio nazionale sull’equo compenso

Infine, allo scopo di vigilare sull’osservanza delle disposizioni di cui alla legge sull’equo compenso, viene istituito presso il Ministero della giustizia, l’Osservatorio nazionale sull’equo compenso, presieduto dal Guardasigilli o da un suo delegato.

Tra i compiti dell’Osservatorio quello di esprimere pareri, ove richiesto, sugli schemi di atti normativi che riguardano i criteri di determinazione dell’equo compenso e la disciplina delle convenzioni, nonché formulare proposte in tali materie e segnalare al Ministro della Giustizia eventuali condotte o prassi applicative o interpretative in contrasto con le disposizioni in materia di equo compenso e di tutela dei professionisti dalle clausole vessatorie. Ancora, l’Osservatorio presenterà alle Camere, entro il 30 settembre di ogni anno, una relazione sulla propria attività di vigilanza.
Scarica pdf Proposta di Legge Equo Compenso C. 3179.

Fonte: Riforma equo compenso: cosa prevede https://www.studiocataldi.it/articoli/42311-riforma-equo-compenso-il-testo-approvato.asp#ixzz7YJ2i5GEd
(www.StudioCataldi.it)