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L’appello nel processo del lavoro

L’appello contro una sentenza del tribunale nella qualità di giudice del lavoro, è regolato dagli articoli 433-441 c.p.c alcuni dei quali sono stati modificati dalla riforma Cartabia.

Rito del lavoro: appellabilità delle sentenze

Nel rito del lavoro è possibile appellare tutte le pronunce del tribunale che la parte ritenga essere ingiuste e bisognose di riforma, con una sola eccezione, sancita dall’articolo 440 del codice di procedura penale: non è possibile appellare le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore a 25,82 euro.

Giudice competente per l’appello di lavoro

Il giudice che deve essere chiamato a decidere dell’appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle controversie di lavoro è la corte d’appello territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro.

Il ricorso in appello

L’appello va proposto con ricorso e, in virtù delle modifiche apportate dalla riforma Cartabia all’art. 434 c.p.c, deve contenere gli stessi elementi previsti dall’articolo 414 c.p.c per la domanda di primo grado. A pena di inammissibilità, inoltre, per ogni motivo di appello, è necessario indicare in modo chiaro, sintetico e specifico:

  • il capo della decisione di primo grado che si vuole impugnare;
  • le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;
  • le violazioni di legge che si denunziano e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

Riserva di appello rito del lavoro

In ogni caso, se l’esecuzione è iniziata prima della notificazione della sentenza di primo grado, è comunque possibile proporre appello con riserva dei motivi, che andranno presentati nei termini ordinariamente previsti per il deposito del ricorso in appello.

Termini per l’appello

In particolare, il ricorso va depositato entro:

  • 30 giorni dalla notificazione della sentenza;
  • 40 giorni se si è dovuto effettuare la notificazione all’estero.

A questo punto, entro cinque giorni il presidente della corte d’appello, con decreto, nomina il giudice relatore e fissa l’udienza di discussione, che deve svolgersi entro sessanta giorni dalla data di deposito del ricorso.

Il ricorso va notificato all’appellato unitamente al decreto entro dieci giorni dal deposito di quest’ultimo, tenendo conto anche del fatto che tra la data di notifica all’appellato e la data dell’udienza di discussione devono trascorrere almeno venticinque giorni.

Se la notifica deve effettuarsi all’estero, l’udienza deve svolgersi entro ottanta giorni dalla data di deposito del ricorso e non prima che siano trascorsi sessanta giorni da quando il ricorso e il decreto sono stati notificati all’appellato.

Costituzione dell’appellato nel rito del lavoro

L’appellato ha tempo sino a dieci giorni prima dell’udienza per costituirsi in appello, depositando il fascicolo e una propria memoria nella quale esporre in maniera dettagliata tutte le proprie difese.

Egli può anche proporre appello incidentale e, se lo fa, nella stessa memoria deve specificare anche i motivi su cui si fonda la propria impugnazione.

Più nel dettaglio, l’articolo 436 del codice di procedura civile stabilisce che “L’appello incidentale deve essere proposto, a pena di decadenza, nella memoria di costituzione, da notificarsi, a cura dell’appellato, alla controparte almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata”.

Inammissibilità, improcedibilità, manifesta fondatezza o infondatezza

Dal 28 febbraio 2023, ai sensi dell’articolo 436 bis c.p.c, modificato dalla riforma Cartabia, all’udienza di discussione, nei casi previsti dagli articoli 348, 348bis e 350 comma 3, il collegio, sentite le parti e i difensori può pronunciare la sentenza dando lettura del dispositivo e della motivazione in forma sintetica, anche con esclusivo riferimento al punto di fatto o alla questione di diritto ritenuti risolutivi ai fini del decidere o mediante rinvio a precedenti conformi.

Si tratta nello specifico dei casi in cui l’appello si presenta pronto per la decisione in quanto:

  • inammissibile (art. 348 bis c.p.c);
  • improcedibile (per tardiva costituzione dell’appellante art. 348 c.p.c);
  • manifestamente infondato (art. 348 bis c.p.c);
  • o, all’opposto manifestamente fondato (art. 350 c.p.c)

Il richiamo agli articoli 348, 348bis e 350 c.p.c estende così il “filtro” della inammissibilità previsto per il giudizio di Cassazione anche agli appelli in materia di lavoro, semplificandone la fase decisionale.

Come si svolge l’appello di lavoro

L’udienza di discussione in appello, nel rito del lavoro, ameno che il giudice non si debba pronunciare ai sensi dell’articolo 436 bis c.p.c, così come modificato dalla Cartabia, si snoda attraverso le seguenti fasi:

  • il giudice incaricato fa la relazione orale della causa;
  • vengono sentiti i difensori delle parti;
  • viene fissata l’eventuale udienza nella quale devono essere assunte le prove o viene pronunciata sentenza dal collegio.

La sentenza è letta nella stessa udienza di discussione o all’esito di quella eventualmente fissata per l’assunzione delle prove. La stessa poi, in base alla nuova formulazione dell’art. 438 c.p.c post Cartabia, fuori dai casi previsti dall’art. 436 bis c.p.c, deve essere depositata entro sessanta giorni dalla sua pronuncia.

Del deposito il cancelliere ne dà comunicazione immediata alle parti.

All’esecuzione della sentenza si può procedere anche con la sola copia del dispositivo se il termine per il deposito è ancora pendente (art. 431 comma 2).

Nuove prove

Va infine precisato che in appello non sono ammesse nuove domande né nuove eccezioni e non è possibile proporre nuovi mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio.

Con riferimento alle prove viene comunque fatta salva l’ipotesi in cui il giudice le ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa e le parti hanno sempre la possibilità di deferire il giuramento decisorio, potendo provvedervi in qualsiasi momento della causa.

Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/41719-l-appello-nel-processo-del-lavoro.asp
(www.StudioCataldi.it)