L’atto di precetto in rinnovazione è un’attività legittima purché non comporti un incremento delle spese precettate con la richiesta di quelle dei precedenti.
Il precetto in rinnovazione
L’atto di precetto, una volta notificato e in assenza di pagamento da parte del debitore, deve essere seguito, nel termine di 90 giorni dalla sua notificazione, dall’avvio dell’esecuzione forzata.
L’articolo 481 del codice di procedura civile, infatti, sancisce che il precetto diventa inefficace se nel predetto termine non è iniziata l’esecuzione forzata, pur con la precisazione che tale termine rimane sospeso nel caso in cui contro il precetto sia proposta opposizione.
Di conseguenza, nel caso in cui i 90 giorni decorrano nell’inerzia del creditore e senza che il debitore abbia provveduto a corrispondere le somme dovute, il recupero del credito deve necessariamente passare per un nuovo precetto, denominato nella prassi precetto in rinnovazione.
Inutilità del precetto in rinnovazione
In ogni caso, il precetto in rinnovazione non ha alcuna utilità procedimentale quando nel termine di 90 giorni il creditore abbia avviato l’esecuzione forzata.
In tal caso, infatti, se egli ritiene opportuno avviare una nuova e diversa esecuzione utile per poter soddisfare l’intero credito, non dovrà provvedere alla nuova notifica ma potrà appigliarsi al precetto notificato più di 90 giorni prima.
Nonostante alcuni ufficiali giudiziari rifiutino in ogni caso di eseguire un pignoramento se tale limite temporale sia stato superato, la giurisprudenza si è infatti ormai consolidata nel ritenere che in caso di più esecuzioni da parte del creditore fa sempre fede il primo precetto senza che vi sia necessità di rinnovarlo.
Ad averlo affermato con particolare chiarezza è stato il Tribunale di Reggio Emilia con un’ordinanza del 26 maggio 2014, nella quale si è tuttavia anche chiarito che in simili casi il precetto in rinnovazione è comunque legittimo, tranne che per le relative spese: esse, infatti, in virtù del principio sopra enunciato non possono gravare sul debitore.
Tale pronuncia, in realtà, non ha fatto altro che ribadire quanto affermato anche in precedenza dalla giurisprudenza di legittimità.
La posizione della Cassazione
La Cassazione, infatti, aveva già sancito nella sentenza numero 9966 del 28 aprile 2006 che se entro il termine dei 90 giorni dalla notifica del precetto l’esecuzione è iniziata, è possibile instaurare altre procedure espropriative in base all’unico precetto anche dopo il decorso del predetto termine con il solo temperamento del divieto del cumulo eccessivo.
Del resto, l’articolo 481 del codice di rito pone un termine di decadenza che esaurisce la sua funzione con l’avvio dell’esecuzione e non un termine di prescrizione: si tratta, infatti, di un termine che attiene all’inattività processuale del creditore e non all’effetto sostanziale del precetto.
Una posizione ribadita più recentemente dalla S.C. secondo cui “la rinnovazione del precetto configura senza dubbio un’attività legittima (quand’anche possa effettivamente comportare la revoca del precedente), purchè non comporti un ingiustificato incremento delle spese precettate, con la richiesta di quelle dei precedenti, se non altro quando non altrimenti giustificabili. E tanto non costituisce affatto, a differenza del frazionato azionamento di un credito unitario, abuso del diritto di agire esecutivamente, proprio perchè al creditore spetta il diritto di proseguire il processo esecutivo fintantochè il debitore esecutato non abbia pagato per intero l’importo dovuto, in forza del titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione” (Cass. n. 19876/2013).
Fonte: Atto di precetto in rinnovazione: guida e modello https://www.studiocataldi.it/articoli/24209-l-atto-di-precetto-in-rinnovazione-con-fac-simile.asp#ixzz7YIyF2tjl
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