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Motivi di revoca della donazione

Cause e motivi di revoca della donazione, nullità e annullabilità, l’azione revocatoria, le azioni degli eredi, la collazione e la dispensa.

Impugnazione della donazione

La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.
Quando si decide di donare qualcosa a un altro soggetto ciò, provoca un impoverimento del donante.
Ove vengano donati beni di non modesto valore, è richiesta a pena di nullità la presenza di un notaio.

Nonostante la presenza dell’atto notarile la donazione può essere oggetto di contestazione e di relativa impugnazione.

La donazione può essere impugnata da chiunque possa vantare un qualsiasi interesse.

Una donazione può essere impugnata dai terzi quando lede i diritti dei creditori, quando lede i diritti degli eredi legittimari, quando è priva dei requisiti di forma che la legge richiede ab substantiam.

Se un creditore trascrive il pignoramento entro un anno dall’atto di donazione, la donazione, nei suoi confronti non ha nessun valore. Il creditore potrà così pignorare la casa donata al terzo, nonostante si sia stata trasferita la proprietà.

Azione revocatoria

Una volta trascorso un anno dalla donazione, il creditore potrà invece intraprendere l’azione revocatoria.

La revocatoria, ha come scopo quello di rendere inefficace la donazione nei confronti del creditore stesso che, in questo modo, all’esito del giudizio, potrà pignorare il bene.

La revocatoria può essere avviata anche se il creditore non ha ancora ottenuto una sentenza favorevole perché ad esempio il credito è contestato e vi è un giudizio in corso.

Al fine di contrastare i presupposti dell’azione revocatoria avanzata dal creditore, il debitore deve dimostrare di essere proprietario di beni il cui valore è pari o superiore ai beni che potrebbero essere pignorati dal creditore in alternativa al bene che viene donato.

La Corte di Cassazione (cfr. sentenza n. 23907/2019), ha specificato che il debitore non si può limitare a indicare gli estremi catastali degli altri immobili dei quali è proprietario. Per contrastare la revocatoria il debitore non deve esclusivamente dimostrare di essere proprietario di altri immobili, ma anche che il suo patrimonio residuo all’epoca della donazione fosse di un’entità tale da garantire i creditori.

La donazione non può mai essere contestata dagli eredi del donante sino a quando costui è in vita. L’impugnazione, però, può avvenire quando l’ex proprietario muore.

Le azioni degli eredi

Gli eredi possono porre in essere tre diverse forme di azione:

Azione di simulazione

Se il proprietario ha venduto il bene con atto formale il bene a un’altra persona, ma a un prezzo irrisorio o se lo stesso prezzo non è mai stato pagato, gli eredi legittimari possono impugnare l’atto perché simulato.

L’atto non è una vendita ma una donazione.

L’azione può essere esercitata senza limiti di tempo.

Azione di inadempimento

Spesso, accade che il titolare di una casa ne ceda la proprietà, a volte riservandosi l’usufrutto, in cambio di assistenza morale e materiale sino alla sua morte.

Se l’assistenza in questione non è mai avvenuta o se la donazione è avvenuta quando il donante era sul punto di morire, c’è sproporzione tra le due prestazioni e gli eredi potranno impugnare la donazione.

Azione di lesione di legittima

Se la donazione ha sottratto loro quelle quote minime che riserva la legge al coniuge e ai figli o, in loro assenza, ai genitori (cosiddetti legittimari), essi possono chiedere la revoca della donazione entro dieci anni, e dividere il bene nel rispetto delle predette quote.

Collazione

Ai fini del calcolo delle quote ereditarie si può fare riferimento all’istituto della collazione. Si tratta dell’atto con il quale determinati soggetti, che hanno accettato l’eredità, conferiscono alla massa ereditaria le donazioni ricevute in vita dal defunto.

Pertanto, all’atto di successione il bene ricevuto in donazione dovrà essere considerato come un acconto, se non addirittura come il saldo, della sua quota ereditaria. In questo modo, l’istituto della collazione assolve il compito di rimuovere la disparità di trattamento che le donazioni creerebbero tra i coeredi e ristabilirebbe la situazione di uguaglianza tra i coeredi.

I presupposti per far sorgere l’obbligo di collazione sono:

  • rivestire la qualità di donatario, cioè aver ricevuto in donazione un bene dal de cuius;
  • rivestire la qualità di discendente (legittimo, naturale o adottivo) o di coniuge del de cuius;
  • rivestire la qualità di coerede, legittimo o testamentario del de cuius che fece la donazione quando ancora in vita;
  • l’esistenza di un relictum da dividere, cioè di beni che compongano l’eredità andata in comunione tra gli eredi. Secondo alcuni quest’ultimo presupposto non sarebbe necessario, formandosi una comunione sulle donazioni collazionate.

Sono soggette a colazione le donazioni che comportano un trasferimento. Anche le donazioni cosiddette indirette sono soggette a collazione. Per donazioni indirette si intendono tutte quelle donazioni che mediante un unico contratto realizzano un duplice risultato. Uno di questi è proprio la liberalità in favore di un altro soggetto. Si pensi al caso del contratto a favore del terzo che si realizza ad esempio quando i genitori decidono di acquistare casa a un figlio e pur pagando il prezzo deviano gli effetti dell’acquisto in favore del figlio. Altro esempio può essere quando l’acquisto lo fa direttamente il figlio davanti al notaio, ma sono i genitori che intervengono in atto solo per pagare il prezzo.

Alcune donazioni per espressa previsione di legge non sono soggette a collazione come ad esempio le spese per il mantenimento. Non costituiscono, infatti, donazioni oggetto di collazione le spese che sono state effettuate in vita da parte del donante per il mantenimento o per l’educazione, oppure quelle che sono state sostenute per la cura di una malattia, oppure le spese per le nozze. Non sono soggetti a collazione neanche quegli atti gratuiti effettuati in vita dal donante.

Dispensa dalla collazione

Attraverso la dispensa della collazione il donante può esonerare il donatario dall’obbligo di conferire ai coeredi ciò che ha ricevuto dallo stesso donante dopo la sua morte.

La dispensa è normalmente contenuta nello stesso atto di donazione. Qualora si volesse revocare questo ulteriore vantaggio sembrerebbe essere necessario un atto contrario avente la forma della donazione con la partecipazione necessaria di chi ha ricevuto la donazione.

La dispensa, oltre ad essere prevista nella stessa donazione, potrà essere contenuta anche in un testamento, solitamente posteriore alla donazione, ma nulla vieta che esso sia precedente (esempio: “dispenso mio figlio dal conferire tutte le donazioni che gli farò”). Si tratta di una disposizione testamentaria a carattere patrimoniale, e, come tale, revocabile in ogni momento.

La dispensa dalla collazione tende ad escludere che il bene donato debba essere ricompreso nella massa ereditaria.

In questo modo si cerca di limitare il più possibile che chi abbia ricevuto il bene donato debba rimetterlo in comunione con gli altri eredi, soprattutto se si tratta di immobile.

Ai sensi del 2° comma dell’art. 737 del Codice Civile la dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile, cioè la quota ereditaria che il testatore può liberamente attribuire a terzi.

In altri termini, se la dispensa comporta lesione della legittima (la quota che spetta di diritto a determinati familiari) degli altri coeredi, il donatario sarà tenuto a conferire quanto ricevuto in eccedenza rispetto alla disponibile.

Se, nonostante la collazione della donazione, la lesione dovesse persistere, il legittimario leso potrà agire anche in riduzione.

Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/45935-motivi-di-revoca-della-donazione.asp
(www.StudioCataldi.it)