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Occultamento e distruzione di scritture contabili

Analisi giurisprudenziale dei reati di occultamento e distruzione delle scritture contabili nella legge in materia di imposte sui redditi e Iva Dlgs n. 74/2000 e nella legge fallimentare RD n. 267/1942.

Occultamento e la distruzione di scritture contabili

Le condotte di distruzione e occultamento di scritture contabili sono contemplate in due diverse norme contenute in due diverse leggi speciali:

  • art. 10 del Dlgs n.74/2000, contenente la “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205”;
  • art. 216 del R.D n. 267/1942, ancora vigente e che contiene la “Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa”.

Analizziamo le due condotte illecite, menzionando la giurisprudenza recente, al fine di comprendere le caratteristiche di ognuna e le differenze.

Il reato il materia di imposte sui redditi e Iva

Ai sensi dell’art. 10 del Dlgs n. 74/2000 è previsto che: “1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, e’ punito con la reclusione da (tre a sette) anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui e’ obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.”

Come ha avuto modo di chiarire molto di recente la Cassazione con l’ordinanzan. 8791/2022

  • “il delitto in esame deve ritenersi integrato tutte le volte in cui la documentazione o le scritture mancanti perché occultate o distrutte non consentano o rendano più difficoltosa – difficoltà sussistente anche ogni qualvolta si debba procedere, come nel caso di specie, alla loro ricerca in luoghi diversi dalla sede legale della società non preventivamente comunicata all’Agenzia delle Entrate – la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, indipendentemente dalla circostanza che l’ufficio accertatore sia in grado di raggiungere comunque il risultato per altra via (Sez. 3, n. 20748 del 16/03/2016; Sez. 3, n. 41683 del 02/03/2018);
  • il bene giuridico tutelato dall’art. 10 d.lgs. 74/2000 è costituito dalla trasparenza fiscale, intesa nella sua più ampia accezione di interesse al corretto esercizio della funzione pubblica di accertamento tributario”;
  • il dolo specifico è “costituito secondo quanto previsto dall’art. 10 d.lgs. 74/2000 dalla finalità di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto.” Sul dolo specifico è interessante anche quanto affermato dalla sentenza della Cassazione n. 22294/2021, ovvero che: “In tema di reati tributari, l’accertamento del dolo specifico richiesto per la sussistenza del delitto di cui all’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (occultamento o distruzione di documenti contabili al fine di evasione) presuppone la prova della produzione di reddito e del volume di affari, che può desumersi, in base a norme di comune esperienza, dal fatto che l’agente sia titolare di un’attività commerciale» (Sez. 3, n. 51836 del 03/10/2018).”

Interessante inoltre, ai fini della presente disamina, anche la precisazione della Cassazione nella sentenza n. 4865/2022, ossia che : “per quanto riguarda la fattispecie di cui all’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in tema di occultamento e distruzione di scritture contabili, appare palese come detta condotta non sia in alcun modo assimilabile, sotto l’aspetto storico – naturalistico, alla bancarotta impropria di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fallimentare, in cui viene contestato l’aver cagionato il fallimento per effetto di operazioni dolose consistite nell’inadempimento degli obblighi fiscali.”

Occultamento e distruzione nella bancarotta fraudolenta

L’altra fattispecie di reato contemplata dalla legge fallimentare e dedicata all’occultamento e alla distruzione delle scritture contabili è contenuta nell’art. 216, che punisce con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore che “ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a se’ o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. ” Per questa condotta l’imprenditore “Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale” per la durata di 10 anni viene inabilitato dall’esercizio di una impresa commerciale e sanzionato con l’incapacità, per la stessa durata, ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

Come ha avuto modo di ribadire la recente Cassazione n. 26436/2022: “Il più recente ma ormai consolidato orientamento di questa Corte in tema di bancarotta fraudolenta documentale è nel senso che la seconda ipotesi prevista dall’art. 216, comma 1 n. 2, legge fall. – la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari della impresa o della società fallita — ricorra nel solo caso in cui le scritture stesse siano decettive e non quando le stesse non siano state, in tutto o in parte, consegnate (nella quale evenienza, sussistendo il dolo specifico di danno ai creditori, può ricorrere la prima ipotesi, conseguente all’avvenuta loro sottrazione, distruzione od occultamento). Si è infatti affermato, con un indirizzo ori consolidato, che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017). Si è così inteso precisare che la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale si concreta solo quando sia accertata la tenuta dei libri contabili o delle altre scritture, consegnate in tutto o in parte al curatore, in modo complessivamente fraudolento, così da determinare, proprio per la loro decettività, l’impossibilità di ricostruire il patrimonio o il movimento degli affari della fallita. E’ pertanto solo questa l’ipotesi punita a titolo di dolo generico. Quando invece la consegna dei libri e delle scritture sia del tutto omessa o solo parziale (senza che, in quest’ultimo caso, le stesse siano state fraudolentemente tenute), potrà ricorrere la sola prima ipotesi dell’art. 216, comma 1 n. 2, legge fall., se sia sostenuta dal previsto dolo specifico, di danno ai creditori.

Conclusione a cui è giunta anche la Cassazione n. 19874/2022: “Più volte questa Corte ha evidenziato come, a fronte di una contestazione di occultamento delle scritture contabili, non possa essere motivata la sussistenza del reato attraverso una “fusione” con la fraudolenta tenuta di tali scritture, trasformandola in evento della condotta di occultamento e sostituendo il dolo generico sufficiente ad integrare la stessa a quello specifico necessario per l’occultamento.”

La Cassazione n. 27413/2022 infine, in relazione all’elemento soggettivo della condotta, chiarisce che: “Quanto al tema della “qualità” del dolo utilizzato dai giudici di merito per attribuire il reato di bancarotta fraudolenta documentale al ricorrente, va ricordato che, in relazione alla bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (tra alcune sentenze più recenti, Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020).”

Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/23840-occultamento-e-distruzione-di-scritture-contabili.asp
(www.StudioCataldi.it)