La rinuncia agli atti del giudizio (art. 306 c.p.c.) è una dichiarazione con la quale l’attore o il convenuto che hanno proposto domanda riconvenzionale provocano, se accettata senza riserve o condizioni, l’estinzione del processo.
Rinuncia agli atti del giudizio: cos’è
L’art. 306 del codice di procedura civile dispone che, se l’attore rinuncia agli atti del giudizio e la rinuncia è accettata dalle altre parti costituite (che potrebbero avere interesse alla prosecuzione) il processo si estingue. Ma attenzione: la possibilità di rinunciare agli atti del giudizio e quella di accettare la rinuncia non rientra nei poteri degli avvocati se ciò non è espressamente previsto nel mandato.
Le dichiarazioni di rinuncia ed accettazione vanno dunque effettuate dalle parti personalmente oppure dai rispettivi procuratori muniti di apposita procura speciale.
La norma infatti sancisce il principio della libera disponibilità delle parti di ricorrere o rinunciare alla tutela giurisdizionale.
Forma della rinuncia e contenuto dell’accettazione
La rinuncia consiste in una dichiarazione che l’attore (o il convenuto che ha proposto domanda riconvenzionale) può rendere in udienza verbalmente oppure con atto scritto notificato alle altre parti. Dalla stessa deve emergere la volontà di non voler proseguire il giudizio e di conseguenza di non volere che il giudice si pronunci sul merito della questione. Il giudice infatti, in conseguenza della rinuncia agli atti, viene privato del potere di emanare la sua decisione sul caso prospettatogli dalle parti.
Per quanto riguarda il contenuto della accettazione alla rinuncia l’art. 306 c.p.c precisa espressamente che essa non produce alcun effetto se contiene riserve o condizioni.
Rinuncia agli atti: conseguenze
Il giudice, dopo aver verificato la regolarità di rinuncia e accettazione, dichiara l’estinzione del processo e liquida le relative spese con ordinanza. Emette sentenza solo se sorgono delle contestazioni in relazione alla rinuncia.
La rinuncia agli atti processuali comporta per il rinunciante il rimborso delle spese sostenute dalle altre parti, salvo diverso accordo tra le stesse.
Avverso l’ordinanza di estinzione è ammesso il reclamo al collegio ex art. 178 codice di rito, mentre non è impugnabile l’ordinanza di liquidazione delle spese processuali.
In forza dell’articolo 310 del codice di procedura civile, il processo estinto non preclude la possibilità di riproporre un nuovo processo, non pregiudicando l’azione giudiziale delle medesime parti.
L’estinzione, tuttavia, rende inefficaci gli atti già compiuti nel processo estinto, ad eccezione delle sentenze di merito e delle decisioni regolanti la competenza.
Le prove introdotte nel giudizio estinto non potranno essere riutilizzate nel nuovo processo, ma, ex art. 116, 2° comma, codice di procedura civile, potranno essere valutate dal nuovo Giudice come argomenti di prova.
Rinuncia agli atti: giurisprudenza della Cassazione
Alcuni estratti di recenti pronunce della Corte di Cassazione in materia di rinuncia agli atti del giudizio perché contenenti importanti precisazioni:
Cassazione n. 23059/2022
Il trasferimento dell’azione civile nel processo penale, regolato dall’art. 75 cod. proc. pen., determina una vicenda estintiva del processo civile riconducibile al fenomeno della litispendenza, e non a quello disciplinato dall’art. 306 cod. proc. civ., in quanto previsto al fine di evitare contrasti di giudicati (Sezioni Unite, ordinanza 5 aprile 2013, n. 8353; nello stesso senso, v. pure la sentenza 16 maggio 2012, n. 7633, la quale rileva che il trasferimento dell’azione civile in sede penale determina la rinuncia agli atti del giudizio civile, sempre che si accerti l’identità delle due azioni). Del resto, è lo stesso art. 75, comma 1, cod. proc. pen. a stabilire che l’esercizio della facoltà di trasferire l’azione civile in sede penale comporta la rinuncia agli atti del giudizio civile, con obbligo per il giudice penale di provvedere anche sulle spese del procedimento civile (v. pure, in tal senso, l’ordinanza 9 gennaio 2009, n. 317).
Cassazione n. 30311/2021
Ai sensi dell’art.3 90 cod.proc.civ., la rinuncia deve essere fatta con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche dal solo difensore munito di mandato speciale a tale effetto e nel giudizio di cassazione, diversamente da quanto previsto dall’art. 306 c.p.c., la rinuncia al ricorso é produttiva di effetti a prescindere dalla accettazione delle altre parti, che non é richiesta dall’art. 390 cod. proc. civ. citato. Trattandosi di atto unilaterale recettizio, essa produce l’estinzione del processo, senza che occorra l’accettazione, perché determina il passaggio in gìudicato della sentenza impugnata e comporta il conseguente venir meno dell’interesse a contrastare l’impugnazione (Cass. Sez. Un. 1923/1990; Cass. n. 4446/1986; Cass. n. 23840/2008). Gli adempimenti previsti dall’art.390 cod.proc.civ.- la notifica o la comunicazione agli avvocati della controparte- sono finalizzati soltanto ad ottenerne l’adesione, al fine di evitare la condanna alle spese del rinunziante ex art. 391 c.p.c. (cfr. Cass. n. 2317/2016) a meno che, come nella specie, la controparte non si sia costituita solo tardivamente per partecipare ad un’eventuale discussione e senza svolgere alcuna attività processuale.
Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/19359-la-rinuncia-agli-atti-del-giudizio.asp
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