L’errore medico per mancato rispetto delle leges artis è più plausibile della teoria della fistolizzazione tubo peritoneale, da qui l’obbligo risarcitorio a carico di entrambi i medici dell’equipe e dell’Asl.
Danni errata legatura delle tube
Deve essere risarcita dai medici e dalla Asl la paziente costretta ad una gravidanza indesiderata della sesta figlia cagionata dalla errata chiusura delle tube perché eseguita senza rispettare i canoni di diligenza richiesta. L’intervento è fallito perché risulta più probabile che non il mancato rispetto delle leges artis.
Questo quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 22532/2022 (sotto allegata).
Richiesta danni da nascita indesiderata
Una coppia agisce in giudizio nel loro interesse in quello dei figli minori nei confronti di un’azienda sanitaria e di due medici per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dall’insuccesso di un intervento di legatura delle tube a cui si era sottoposta la donna, che a causa di questo errore medico ha dovuto affrontare il concepimento e la nascita indesiderata della sesta figlia.
La domanda degli attori viene rigettata dal giudice di primo grado per il quale la mancata riuscita dell’intervento di legatura delle tube non è attribuibile ad una condotta imperita, imprudente o negligente dei sanitari, quanto piuttosto dal fenomeno asintomatico della fistolizzazione tubo peritoneale, in base a quanto emerge dalla espletata c.t.u.
La decisione però viene ribaltata in sede di appello. La Corte infatti ritiene sussistente la responsabilità dei sanitari per l’inesatta esecuzione dell’intervento in virtù delle conclusioni della nuova consulenza tecnica e quindi condanna i convenuti a risarcire il danno alla coppia.
Per la Corte di appello è “più probabile che non” che la loro legatura e la sezione della tuba di sinistra non fossero state effettuate secondo i canoni di diligenza richiesti.”
Respinta dai consulenti di secondo grado la tesi della fistolizzazione tubo peritoneale, in quanto i capi della tuba si presentavano entrambi perfettamente accollati e comunque una fistolizzazione non sarebbe stata sufficiente da sola a permettere il passaggio degli spermatozoi e dell’uovo fecondato per l’impianto nella cavità uterina.
Il ripristino del canale della tuba deve quindi ritenersi attribuibile soprattutto a una legatura eseguita nel mancato rispetto delle legge artis. Per la Corte inoltre i medici devono rispondere entrambi delle errata esecuzione dell’intervento poiché nell’ambito di un’équipe l’obbligo di diligenza grava su ciascun componente sia per le mansioni specifiche affidate allo stesso che per il controllo sull’operato altrui.
Decisione fondata sulla sola consulenza d’appello
Agiscono in Cassazione una dei due medici responsabili e la figlia dell’altro medico, nel frattempo defunto, sollevando i seguenti motivi.
Con il primo motivo l’erede del medico contesta le conclusioni della Corte di Appello, perché la stessa ha sposato le conclusioni della seconda consulenza, trascurato gli esisti della prima, che ha attribuito la gravidanza alla fistolizzazione tubo peritoneale. La stessa ritiene inoltre che l’intera responsabilità sia da attribuire alla dottoressa che ha operato in equipe con il defunto padre.
La dottoressa, al pari dell’altra ricorrente, contesta alla Corte d’appello di aver deciso trascurando le conclusioni della consulenza di primo grado e fa presente che la gravidanza non poteva che dipendere da un processo di fistolizzazione contemplato dalla letteratura quale presupposto dei casi di fallimento, come sostenuto dal primo c.t.u.
Responsabili entrambi i medici dell’intervento fallito
La Cassazione ritiene il motivo sollevato dall’erede del medico del tutto inammissibile perché si traduce in una critica alla c.t.u. eseguita in sede d’appello solo perché in contrasto con la consulenza di primo grado, rilava inoltre che il padre medico non può andare esente da responsabilità perché ha avuto un ruolo di cooperazione attiva all’intervento.
Parimenti inammissibile per le stesse ragioni addotte nei confronti del ricorso dell’erede del medico è il motivo sollevato dalla dottoressa.
“Anche in questo caso, infatti, la censura consiste in un’analisi critica delle valutazioni scientifiche effettuate dal consulente tecnico, senza che tuttavia venga indicato se e in quale sede, tali critiche siano state sollevate dalla difesa” della dottoressa nel giudizio di appello.
Esente da vizi logici lamentati la sentenza della Corte d’appello, posto che “Sostenere che l’intervento sia stato eseguito con la medesima modalità tecnica per entrambe le tube (come afferma la sentenza di appello facendo proprio il ragionamento presuntivo dei consulenti tecnici di ufficio) non implica necessariamente riconoscere che esso sia stato correttamente eseguito da ambo i lati.”
Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/44857-responsabili-medico-e-asl-per-la-nascita-indesiderata.asp
(www.StudioCataldi.it)