Non basta la legittimazione ad agire, serve anche dimostrare il proprio interesse quando si agisce per chiedere l’annullamento di una concessione edilizia in sanatoria concessa, per opere che si ritengono “abusive”.
Non basta la vicinanza, va provato l’interesse
Non è sufficiente confinare con una proprietà in cui vengono realizzate delle opere abusive per agire in giudizio. La vicinitas non basta ai fini della legittimazione ad agire in giudizio, è necessario dimostrare anche la sussistenza di un interesse ad agire che giustifichi la contestazione dell’opera edilizia realizzata. Questo in sintesi il principio contenuto nella sentenza n. 1941 del 2022 del Tar Catania (sotto allegata).
Maneggio “abusivo” e concessione in sanatoria
Una società, proprietaria di alcuni appezzamenti di terreno, ne possiede uno al confine con una struttura adibita a maneggio.
La società informa la Procura della Repubblica dell’asserito abuso realizzato dalla proprietaria del fondo confinante, poiché l’opera è stata effettuata in mancanza di una concessione edilizia e dei pareri richiesti dalla normativa vigente.
Dopo l’inizio dei lavori di realizzazione di una concimaia a servizio del maneggio la società denuncia alla procura anche la realizzazione di questi lavori.
Il Comune intanto rilascia la concessione edilizia in sanatoria per la concimaia di pertinenza dell’azienda agricola e dei box animali e, nonostante la società presenti osservazioni per far dichiarare l’illegittimità del provvedimento, il Comune lo conferma.
Proprietaria confinante chiede l’annullamento della concessione
Con ricorso la società ricorrente propone domanda di annullamento:
- della concessione in sanatoria;
- del provvedimento che non ha accolto le osservazioni della società;
- di ogni altro atto non conosciuto, presupposto, connesso, consequenziale ed esecutivo di quelli indicati.
L’interesse ad agire va dimostrato
La decisione del Tar, che dichiara il ricorso inammissibile, merita di essere segnalata soprattutto per le precisazioni relative alla legittimazione ad agire, nel caso, di specie, della società della ricorrente.
Precisa infatti il Tar ad un certo punto della motivazione che: “è stato chiarito dalla giurisprudenza (C.G.A.R.S. n. 690 del 2020) che l’interesse ad agire non solo deve sussistere, ma deve essere debitamente evidenziato nella domanda, in modo che il giudice possa valutarne la sussistenza.
È onere della parte che agisce dimostrare la sussistenza dell’interesse a ricorrere, senza che possa in tal senso venire in soccorso il potere acquisitivo del giudice. Ciò in aderenza al principio dispositivo, che informa il processo amministrativo, strumento per il perseguimento del bene della vita sostanziale.
Orbene, nel caso che ci occupa, la società ricorrente, in replica alle eccezioni dell’amministrazione comunale e della controinteressata, si è limitata esclusivamente ad affermare la proprietà dell’appezzamento di terreno identificato con la particella n. 247 foglio 16 di mappa (giusta contratto di vendita del 11.7.2008), confinante con la struttura di proprietà della controinteressata, senza neppure rappresentare l’uso che di detto terreno viene fatto e se sullo stesso insiste o meno qualche costruzione ed eventualmente adibita a quale fine.
Sul punto, con riferimento alla giurisprudenza citata dalla ricorrente (Cons. giust. amm. Sicilia, 27.07.2021, n. 759), occorre rilevare che in quella sede il Giudice d’Appello, illustrati gli orientamenti che si sono confrontati sulla questione in esame (tra cui, appunto, quello della sufficienza della vicinitas ai fini, oltre che della legittimazione, anche dell’interesse ad agire, criterio sostenuto e richiamato dalla ricorrente) ha deferito all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la risoluzione del contrasto ai sensi dell’art. 99 c.p.a. (…)
Ebbene, applicando al caso di specie i principi resi ormai intangibili dal sopravvenuto intervento dell’Adunanza Plenaria, ritiene il Collegio che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile per carenza dell’interesse a ricorrere.
Se, infatti, in considerazione della situazione concreta allegata dalle parti e ricavabile dagli atti di causa, deve riconoscersi l’esistenza di una situazione di vicinitas tale da poter radicare la legittimazione ad agire in capo al ricorrente (e ciò per la sussistenza, comunque, di un apprezzabile radicamento del ricorrente medesimo sul territorio in posizione prossima all’area interessata dai lavori), deve, invece, escludersi la sussistenza dell’interesse al ricorso, non avendo il ricorrente, a giudizio del Collegio, dimostrato lo specifico pregiudizio che l’iniziativa edilizia in contestazione gli arreca. In definitiva, nel caso in esame i pregiudizi lamentati dalla ricorrente sono stati dedotti in termini generici e senza comprovare in modo puntuale e dettagliato quali lesioni derivino in concreto alla stessa dall’iniziativa edificatoria della controinteressata.”
Fonte: https://www.studiocataldi.it/articoli/44889-concessione-in-sanatoria-opere-abusive-va-dimostrato-l-interesse-ad-agire.asp
(www.StudioCataldi.it)